Phnom Penh Riverside Cambodia

Phnom Penh, quello che riaffiora

Quando sono nelle stazioni mi piace scrivere con la penna: è un buon momento per lasciare che le cose riaffiorino, senza aiuti esterni.
Non vai a consultare nulla, solo i tuoi appunti interiori.

Oggi lascio riaffiorare Phnom Penh.

Phnom Penh, the Royal Palace
Phnom Penh, the Royal Palace

Phnom Penh è una città che è cresciuta in fretta, proprio come i bambini della Cambogia: hanno un sorriso splendido e li ho visti fare di ogni sentendomi spesso una povera imbecille, che di cose me ne hanno insegnate, vedi che l’età anagrafica non c’entra.
E’ che non li ho mai visti giocare.

Ecco, per Phnom Penh è esattamente la stessa cosa, anche lei è cresciuta in fretta.

Te ne accorgi camminando per le strade alla ricerca di un numero civico: accanto al 14 c’è il 73 e poi arriva il 26, c’è da impazzire.
E’ una città dove l’urbanizzazione è letteralmente esplosa dentro le vie, anche in modo selvaggio, passatemi il termine: c’è un vicolo tra due palazzi? Bene, chiudiamolo con una lamiera e chiamiamolo casa: là dove c’era un tombino adesso c’è una credenza.

Streets of Phnom Penh
Streets of Phnom Penh

Phnom Penh l’ho trovata così, piena di entusiasmo e con quell’ingenuità che solo chi si sta affacciando al mondo ancora possiede.
Ti sorride in buona fede e ce la mette tutta, non fa niente per nascondere le sue magagne, che non è così sgamata.

Nella zona del Riverside è sgargiante e a tratti kitsch come solo un vestito da principessa per carnevale sa essere, quel vestito che se lo guardi con occhi d’adulto pare più che altro un travestimento da uovo di pasqua, gonfio di chincaglierie, ma se l’occhio è da bimba lo adori così com’è, fino all’ultimo orpello luccicante.

Rainy season
Rainy season

Phnom Penh è la signora del negozio dove sei entrato giusto per ripararti dalla pioggia e fai finta di guardarti in giro: ti offre una sedia anche se sa che poi non compri niente e che l’acqua tra poco passa e tu con lei.

Phnom Penh è il monaco che va per la sua strada sfilando accanto alle pagode che punzecchiano il cielo, sotto un ombrello che ha il colore dello zafferano.

Phnom Penh è la ragazza che si piazza sotto la grondaia rotta mentre diluvia, che la doccia a casa non ce l’ha e perché non approfittare.

Phnom Penh è un fiume che se lo guardi da lontano pare una striscia di steppa, quella bella secca che non piove mai, e la gente che ci fa il bagno se lo gode come l’oceano più trasparente.

Riverside
Riverside

Phnom Penh sono i templi che appena entri nel cortile ti ritrovi una decina di bambini addosso e ti chiedi e adesso?

Phnom Penh si gira a piedi, non è grande, guardi la cartina ed è tutta lì, rannicchiata in un paio di quadrati pieni di vie.

Deve ancora crescere, anche se è cresciuta troppo in fretta, ma è proprio questa la sua forza: un futuro dove potrà decidere di essere chi vuole, nel modo che preferisce.

Un futuro nel quale i bambini li si potrà vedere anche giocare: non solo a fare i grandi, ma ad avere l’età che meritano di godersi.

Royal Palace, Phnom Penh
Royal Palace, Phnom Penh

8 pensieri riguardo “Phnom Penh, quello che riaffiora”

  1. Post interessante, però non bisogna cadere nell’errore di generalizzare. Io che in Cambogia ho vissuto un anno intero, a Phnom Penh, e insegnavo in una scuola, mi permetto di dire che là i bambini giocano eccome, come tutti i bimbi del mondo. I bimbi ricchi come quelli poveri: questi ultimi li puoi trovare in certi angoli delle strade con i giochi di fortuna e fantasia. Ad esempio, incontravo spesso un gruppetto di bambine che, per strada, avevano inventato una lavagna e i banchi di scuola. Una faceva la maestra, le altre ubbidivano. I bimbi ricchi hanno tutti i gadget e i giocattoli dei loro coetanei dell’occidente. Solo la sfida è diversa: i bambini, in Cambogia, dovranno fare i conti con un governo che li sta massacrando. Come non fosse bastato Pol Pot.

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    1. Ti ringrazio per il commento, è importante il feedback di chi in certi luoghi ci ha vissuto.
      Non voglio generalizzare, racconto solo quello che ho visto in poche settimane di permanenza, e ho visto bambini che mi spiegavano come si fanno i mattoni, bambini che mi raccontavano i massacri nelle killing caves, che se li ripenso nominare Pol Pot mi viene la pelle d’oca ancora adesso. Bambini che si inventano un qualsiasi tipo di cosa pur di portare a casa quattro soldi.
      Poi voglio sperare che giochino anche loro, seppur con dei giochi di fortuna, ma proprio perché il futuro che li aspetta non è in discesa, non mi è parsa la loro prima preoccupazione.
      Detto ciò, mi piacerebbe scriverti, se ti va, mi piacerebbe conoscere qualcosa di più della Cambogia, da chi ha un punto di vista sicuramente privilegiato 🙂

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    1. Grazie!!
      Purtroppo la situazione dei bambini non è cambiata, vero è che qualcosa si sta muovendo e anche noi possiamo dare una mano: conto di scrivere a breve anche di questo, ci tengo troppo!

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  2. Il centro si gira sicuramente a piedi.., dove vedi suv di lusso a ogni angolo.. appena fuori cominciano le macerie e la miseria piu’ nera…

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    1. Non dividerei in modo così netto, la miseria l’ho trovata anche in centro: basta cambiare parallela e ci si ritrova in un mondo completamente diverso. Tante volte basta fare un passo in più e dal palazzo pieno di fiori si passa alla latta piena di buchi.
      Fuori poi, è un altro discorso ancora 🙂

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