Praga black and white

Praga: quando un nome chiama ed è magia.

Ho passato lo scorso week end in compagnia di amici a parlare di viaggi e una cosa mi ha parecchio stuzzicata.

Mi diceva Susanna (impagabile!) che spesso le capita di scegliere di andare in un posto senza che ci sia una ragione particolare: niente suggerimenti e niente di imperdibile da vedere o da assaggiare, solo un nome.
Sì, ci va perché è il nome di quel posto a chiamarla, e quando un nome chiama, un motivo c’è sempre.

A questa cosa ho poi ripensato perché è capitata anche a me, ma non ci avevo fatto troppo caso.
Stavolta non si tratta di Asia, ma come facevo a non dire nulla.

Il nome che mi ha chiamata è stato quello di Praga, e sinceramente il perché l’ho scoperto dopo, che al momento mi sono fidata e son partita.

Praga black and white

Praga deriva da pràh: soglia, varco.
Prah è il passaggio, e quando c’è di mezzo un fatto del genere, la situazione è tutt’altro che tranquilla.

Insomma, Praga.

C’è chi dice che sia una “meta interiore”, c’è chi la conosce come “capitale della magia”: io a Praga ci sono stata due volte, la prima in estate e la seconda pochi giorni prima di Natale, e che aveva un’aria strana l’ho avvertito fin da subito, ma poi vai tu a sapere.

Il fatto è che a fare ricerche sulla base di semplici sensazioni c’è sempre tutto da guadagnare, e infatti è finita che ho scoperto una serie di leggende legate alla città, che a questo punto ci dovrò tornare una terza volta.

Diciamocelo, a Praga non si può camminare senza avere nessun tipo di turbamento, ma da lì a scoprire quello che c’è sotto poi ne passa, più facile scambiare il disagio per un’indigestione da gulash.

Susanna, non sai che vaso di Pandora sei andata a scoperchiare!

Prendiamo il Ponte Carlo, uno dei luoghi emblematici, un posto dove le leggende si sprecano.

Quando il sacerdote Giovanni Nepomuceno, che pace all’anima sua poi l’han fatto santo, morì proprio qui sotto, crollò un’intera arcata e non ci fu verso di ricostruirla.
Fino a quando uno dei costruttori, esasperato, scese a patti col diavolo pur di poter terminare l’opera, promettendogli l’anima del primo essere vivente che avrebbe attraversato il ponte.
Credette di cavarsela tentando di far passare un gallo, ma il karma è come un boomerang e se si accorge che fai scherzi poi ti frega: il primo passo toccò così ad una donna incinta, e le anime rapite furono due.

Può essere consolatorio sapere che l’anima del piccolo mai nato, i cui starnuti si sentivano passeggiando sul ponte, fu liberata in seguito dalla gentilezza di un passante che rispose “salute!” senza stare troppo a guardare chi si era raffreddato.
Alle volte basta poco.

Spostando l’attenzione verso il fiume, come non nominare i vodník, i folletti che abitano la Moldava: si contendono le anime dei morti affogati, chiuse dentro ampolle abbandonate sul fondale.

Praga Cabiria Magni

Se invece vogliamo rimanere in tema di patti col diavolo, in Karlovo Namesti al numero 40 ha vissuto nientemeno che il Dottor Faust, la cui storia non ha bisogno di molte presentazioni, che ha già detto tutto Goethe e io mica mi azzardo.

Anche il popolo di David ha la sua buona dose di tradizione magica e allora non dimentichiamoci del Golem, il mostro di argilla creato per proteggere la comunità ebraica, che da quando cessarono le persecuzioni riposa all’interno della Sinagoga, nelle cui fondamenta ci sarebbero le pietre del Tempio di Gerusalemme portate in volo dagli angeli, giusto per mettere in mezzo qualcuno dei piani alti.

E la spada di San Venceslao? Infilzata nelle mura del Ponte Carlo a difesa della città, fu rubata da un gruppo di bambini: da allora si dice che il futuro è in mano loro.
Vero o no, mi pare comunque una bella prospettiva, a meno che non si tratti di una baby gang.

Murati in uno dei pilastri sarebbero comunque rimasti alcuni tesori dei Templari, tra cui un cristallo della corona del re Salomone e il martelletto d’oro di uno dei costruttori della torre di Babele, che mi pare sempre un bel rimanere.

Non mi addentro nei meandri dell’architettura esoterica e del discorso alchimisti, che altrimenti chi ne esce.

Praga è piena di simboli, basta alzare lo sguardo e fare attenzione ad un portone, o anche solo ad un muro: non serve cercare troppo, sarà la città a parlarvi, anzi: a chiamarvi.

Qualche informazione pratica, dopo tutta questa magia:

Praga è bella tutto l’anno, ma personalmente mi ha affascinata quando ci sono stata nel mese di dicembre, non so se per colpa delle carpe di Natale, ma questa è un’altra storia.

Tre notti sono sufficienti per farsi un’idea della città (poi magari ci tornate come me!): segnalo in merito che per dormire ho trovato buone offerte proposte da H.R.S.
E’ facilmente raggiungibile via aerea, con voli che partono ogni giorno dai maggiori aeroporti italiani: da Milano, ad esempio, ci si arriva in 1h30min.

Due linee di autobus collegano l’aeroporto col centro della città in un tragitto di circa 20 minuti.
Traffico permettendo, eh!

10 pensieri riguardo “Praga: quando un nome chiama ed è magia.”

  1. aggiungo una chicca, un po’ distante da Praga ma che se sottrae mezza giornata alla capitale, la restituisce in stupore e meraviglia: l’ossario di Sedlec, una macabra follia artistica nella quale un frate decise di utilizzare ossa umane per creare delle opere di scultura immense.
    Ossari così ce ne sono anche a Évora (Portogallo), Roma e Milano, ma quello di Sedlec è in assoluto il più incredibile (e imperdibile)!

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