Ta Prohm temple cambodia

I templi di Angkor: lo sapevate che?

Quelle che trovate qui di seguito sono un po’ di chicche che mi ha regalato Sam, la mia guida tra i templi di Angkor, e sono la prova che un taccuino alle volte può cambiare una giornata, che con la mia memoria altrimenti stavo fresca.

Angkor Wat Cambodia temple
Angkor Wat, l’interno.

Ai templi di Angkor ho dedicato due giorni, forse i più frenetici del mio viaggio in Cambogia, e che lo rifarei non lo sto nemmeno a dire: credo che di certi posti non ci si possa stancare mai.

Ma si parlava di chicche.

I templi accessibili ai turisti sono in tutto 48, e non è quindi una brutta idea pensare in anticipo a quello che si vuole vedere; se poi, mentre decidete, fate attenzione alla mappa del parco, noterete tre colline: simboleggiano la Trimurti, e sembrano messe lì apposta.
Ma forse la verità è che si sono inventati la storia giusta, così la suggestione inizia ben prima di entrare.

I templi possono essere divisi grossolanamente in due gruppi, se mi si passa il termine un po’ da gita, indù e buddisti, e riconoscerli è piuttosto facile: come avevo già accennato, i templi buddisti si sviluppano in larghezza, non puntano verso il cielo, ma si allargano tra gli uomini, per il semplice fatto che Buddha non è una divinità (e tra l’altro era pure uno a cui piaceva stare coi piedi per terra).
I templi induisti invece si sviluppano in altezza: il tentativo è quello di avvicinarsi al cielo, alla ricerca di una qualche forma di comunicazione col dio.

Attenzione però, che alcuni templi sono ibridi: nati come indù, sono poi stati convertiti a buddisti, e lì mica potevano livellarli, si sono dovuti adattare e han preso qual che c’era; vi potrebbe capitare quindi di trovare dei riferimenti che mandano un po’ in confusione, ma alla fine il bello del sincretismo religioso è proprio questo (non mi riferisco al fatto di fare casino, o almeno non troppo).

Bayon temple cambodia faces
Bayon

Detto ciò, parto dal mio preferito, che in effetti un po’ ibrido è: sto parlando del Bayon, il tempio delle facce.
Il Bayon colpisce perché una volta dentro ci si sente un tantino osservati: 54 torri con quattro facce ciascuna bastano a rendere l’idea del perché?
Ogni torre ha quattro facce dicevo, lo stesso numero delle nobili verità buddiste, e la cosa curiosa è che ogni faccia è diversa, ma ciascuna indossa un sorriso: il sorriso del Buddha.
Non sono stata a controllarle tutte, ma per quel che ho visto, di doppioni non ne ho trovati.

L’unico tempio non finito all’interno di tutto il complesso è il Takeo, il tempio di cristallo (il nome viene dal colore della pietra): fu colpito da un fulmine, segno che venne considerato come di cattivo auspicio, e fu quindi deciso di lasciarlo così com’era.
E d’altra parte è un tempio dedicato a Shiva, il distruttore: ci si poteva aspettare qualcosa di diverso?
Direi di no.
Un plauso alla coerenza, quindi.

Ma veniamo a lui, all’Angkor Wat.

E’ sicuramente il più maestoso, e anche il più famoso (le sue torri stanno sulla bandiera della Cambogia come il faccione di Lincoln sta sui cinque dollari) e già il nome tiene a farlo notare: Angkor significa capitale, Wat invece sta per pagoda.
Il nome glielo hanno dato quando è diventato buddista, che all’inizio della sua carriera era induista, con dedica a Visnu, il preservatore (e infatti mica è stato fulminato).

Qui la chicca sta tutta in un numero: 75.
75 sono i gradi della pendenza dei gradini che portano in cima: sicuramente chi c’è salito se ne è accorto!

Non è sadismo del costruttore, c’è un motivo ben preciso: avvicinarsi a un dio richiede una buona dose di umiltà, e a tale proposito non si dice forse di abbassare lo sguardo?
Ecco.
Qui se non guardi dove metti i piedi finisce che scivoli e non ti fermi più fino a quando arrivi a terra e a quel punto, invece di vedere il dio, vedi le stelle, che potrebbe anche andar bene, ma son scelte.

Segnalo che gli unici scalini che non hanno questa inclinazione sono quelli in corrispondenza dell’accesso del re: a lui era concesso guardare verso il cielo, d’altra parte non era un comune mortale.

Che altro dire.

Banteay Srei temple cambodia
Banteay Srei.

Che nella galleria attorno all’Angkor Wat c’è incisa la storia del Ramayana e che in effetti non sarebbe male passarci una giornata intera a guardarsela tutta (nel caso consiglio pass di tre giorni, che tanto due o tre il costo è sempre lo stesso: 40$).

Che all’epoca in cui furono concepiti, i templi erano gli unici edifici costruiti in pietra: le case degli uomini dovevano invece essere di materiale deperibile, come tutti quelli che le abitavano.

Che se avete voglia di farvi qualche chilometro in più, è bello vedere il Banteay Srei, letteralmente “la città delle donne”, che lo chiamano così non tanto perchè è rosa, ma perché ci sono decorazioni talmente minuziose che pare siano realizzabili solo con la pazienza femminile (e chi sono io per smentire).

Che anche il Ta Phrom è spettacolare, ma qui non serve che dica nulla, perché ci ha già pensato la signorina Croft a pubblicizzare.
Quello che posso aggiungere è, mannaggia a Lara Croft, appunto, che sarebbe meglio andarci negli orari più improponibili, per evitare di incappare in frotte di cinesi avvinghiati ad una qualche radice, ignara compagna di una foto ricordo.

Ta Prohm temple cambodia
Ta Prohm [questa mi è costata almeno venti minuti di appostamento]

Ma se proprio non vi è possibile e ci capitate in qualche orario di punta, vi lancio una sfida: provate a fare una foto senza cinesi di mezzo.
Ma neanche uno eh!

Se ci riuscite non vincete niente, ma avrete tutta la mia stima.
Per sempre.
[Ah, per fare piazza pulita non vale ricorrere al vecchio trucchetto della finta bomba, che così sono capaci tutti.]

15 pensieri riguardo “I templi di Angkor: lo sapevate che?”

  1. Ciao Cabiria, sono arrivata al tuo sito dall’altro, Something to Care, dove ho letto il post su Sam. In Febbraio saremo a Siem Reap per 3 giorni, mi piacerebbe visitare Angor Wat e vorrei chiedere a Sam se fosse disponibile in quei giorni per farci da guida. Sai come posso rintracciarlo,ha mica una mail o un sito? Ti ringrazio,ciao Teresa

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    1. Ciao Teresa!
      La cosa piu facile è scrivergli su Facebook: mandagli pure un messaggio diretto, si chiama Sam Nang, e nella foto del profilo ha una camicia bianca; digli pure che il contatto te l’ho dato io, così capisce al volo!
      Poi se ti servono info, sono a disposizione 🙂

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  2. ….che bello! ogni tanto leggo qui così mi viene un po’ di nostalgia 🙂 anche noi dura fatica per la foto al ta prohm, la nostra tecnica è stata urlare ai vari cinesi in fila per la foto in posa “one moment please”!!!!….e poi click. Ciao ciao

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    1. Grazie Paola! 🙂
      Che voglia di tornare sì, a chi lo dici…sotto il sole e sotto l’acqua (il diluvio che ho beccato al Ta Prohm è stato di quelli mondiali).
      Sam è un grande! Mi sono segnata tutto perché nemmeno io le avevo trovate queste informazioni!!

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    1. Grazie a te, Max!
      Ho preferito scrivere queste cose, che magari si trovano meno facilmente, perché per le informazioni più istituzionali ci sono un sacco di guide in giro. Ma se ti servono più dettagli fammi un fischio 🙂

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