Horse riding on the beach legian bali

“Patagonia express”, il prurito alla pianta dei piedi

L’altro giorno ho finito di leggere “Patagonia Express”, di Sepúlveda: questo cileno mi piace da pazzi!

Siamo instancabili divoratori di storie, più leggo e più me ne convinco.

Horse riding on the beach legian bali

Ce ne andiamo sul palcoscenico del mondo a caccia delle storie degli altri, nel tentativo di cucirne una che sia davvero nostra, e alle volte ci creiamo dei limiti da soli, per il semplice gusto di superarli.
Poi se non ci riusciamo siamo anche capaci di incazzarci.

Viaggiare è un atto di egoismo e di avidità. Viaggiare è andare a caccia di storie.
Non ci sono istruzioni, ognuno lo fa nella maniera che più gli assomiglia: vale tutto.

Patagonia Express.
Appena l’ho finito l’ho ripreso perché mi ero segnata un paio di cose.

Innanzitutto due pagine meravigliose, che mi riprometto di trascrivere anche qui perchè sono poesia vera: una descrizione così bella di un luogo, Ujina, finora l’avevo trovata solo nella Macao di Terzani, ma non so se sono io che non cerco bene oppure se sono solo difficile.
Fatto sta che c’è dentro lo stesso amore, quello che fa decidere di fare lo zaino e partire per andare a vedere, che pare impossibile.

Mi sono segnata poi queste altre righe:

“Se deve ricadere su qualcuno la colpa per questa mia mania di nominare le cose, di registrare ciò che osservo su questa moleskine dalla copertina nera, questo qualcuno si chiama Francisco Coloane […]
Lessi i suoi formidabili libri di racconti e i suoi romanzi quando ero bambino, e dalla loro lettura nacque il desiderio di viaggiare, di essere una specie di nomade, il prurito alla pianta dei piedi che mi spinge a vedere che diavolo si nasconde dietro l’orizzonte, a sapere come vivono, sentono, amano, odiano, mangiano e bevono, le genti di altre terre.”

Vi è mai capitato di leggere e di fermarvi un po’ interdetti pensando “questo qui sono io”?
Di accorgervi che qualcuno che non vi conosce vi sta dicendo esattamente come siete, che da soli non l’avevate capito troppo bene.
A me è successo un sacco di volte, l’ultima tra queste righe, dove ho inciampato nella parola prurito.

Leggo perché cerco lo stesso prurito, e viaggio per grattarmelo: che bella immagine eh?
Il ritratto del masochismo, neanche troppo chic.

Chic oppure no, forse il punto sta proprio qui, perché credo che tutta questa smania di voler andare sempre via nasconda un qualche disagio di fondo, per forza.
Se uno è tranquillo non se le fa tutte queste menate.

O forse, più semplicemente, è tutta una questione di comodo: quando non si appartiene a nessun luogo ci sono meno responsabilità, e allora tanto vale provarci.

Poi però trovo un’altra frase sottolineata (sì, vi avevo detto un paio e son già tre, ma prometto che poi mi fermo):

“Parlammo delle nostre vite. Io potevo tornare in Cile, ma rimanevo in Europa. Loro potevano tornare a Buenos Aires, ma restavano in Patagonia. La chiacchierata con gli amici mi confermò ancora una volta che uno è del posto in cui si sente meglio.”

E quindi come la mettiamo?
E’ un bel problema, e io la risposta non ce l’ho, ho il prurito.

Ed ecco anche perché, quando mi preparo ad un viaggio, preferisco i racconti e i romanzi alle guide. Le guide me le porto appresso, chiaro, ma non ci impazzisco troppo prima, perché quello che cerco non sta lì dentro.

Cerco innanzitutto la suggestione.
Ogni luogo custodisce un racconto tutto suo, che è unico, e ogni volta la mia sfida è quella di farmelo raccontare dalla sua voce, anche solo per un pezzo.
Ecco perché dico che siamo a caccia di storie.

Siamo tutti d’accordo quando diciamo che per capire un posto bisogna fermarsi il più possibile e viverlo, ma l’esperienza reale ci insegna che non è sempre fattibile.
Personalmente mi ritengo fortunata perché almeno una volta all’anno riesco a fare una full immersion di un mese intero, che è comunque poco, ma mi rendo conto che sono cose che non capitano a tutti.
E allora come si fa?
Bisogna rassegnarsi a guardare da dietro il vetro?

Io non credo.

Credo che la chiave d’ingresso stia sempre sotto lo stesso zerbino: ce l’hanno in tasca le persone.
Gli incontri che facciamo per strada ci segnano sempre, e il tempo non c’entra: un giorno o un mese che importa?
Importa il modo.
E se il modo non ce l’hai, in un posto puoi anche starci una vita intera senza capire nulla (magari vedi tutto, ma questo è un altro discorso).

Leggo Hesse, leggo Hemingway, leggo Terzani, e questi qui non te lo dicono di certo dove andare a mangiare, fanno di meglio: ti insegnano come chiederlo alla gente.

Dai grandi quindi cerco di imparare il modo.
Cerco di imparare a chiedere, e soprattutto di imparare ad ascoltare, che sia alla fermata di un autobus, o sotto lo stesso kway perché diluvia.

La buona notizia è che sono un po’ lenta a capire le cose, quindi dovrò partire ancora per un bel po’, ma nel frattempo dò la colpa a quel famoso disagio di fondo che non fa stare fermi, così mi sento meno scema.

E magari mi apro un altro libro.

31 pensieri riguardo ““Patagonia express”, il prurito alla pianta dei piedi”

  1. Arrivo qui dal tuo ultimo post sui libri per Natale…che dire, mi ha subito catturata la parola “prurito”, quello ai piedi…in inglese c’è un’espressione che mi piace un sacco, “itchy feet”, e indica proprio quella sensazione…quando l’ho sentita per la prima volta l’ho subito sentita mia! ne ho perfino fatto un post: https://mammadeinchina.wordpress.com/2015/07/20/itchy-feet/
    Scusa l’enorme divagazione, ma tutto queste coincidenze sul prurito mi hanno colpita!

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  2. ed anche questa volta hai colto nel segno….anche perché mi ritrovo in tutto quello che scrivi. Il prurito sotto ai piedi ci deve essere anche se è la manifestazione di un disagio ( poi non è detto eh?!) Le guide è vero servono per un minimo di sicurezza, molto meglio un racconto o un diario relativo al posto in cui andrai e le descrizioni che leggerai serviranno a far crescere la tua curiosità e dopo,…quando andrai fuori pista, i posti da descrivere ti verranno incontro inaspettatamente con le persone e le storie che ti saranno raccontate. Perché i luoghi saranno sì, tutti belli e particolari ma il ricordo sarà per gli incontri che avrai fatto lungo il cammino e quello sarà il vero viaggio e sarà solo tuo….

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    1. Alla fine la vediamo allo stesso modo, e questa è l’ennesima conferma 🙂
      Sono d’accordissimo con te, e mi piace moltissimo l’immagine del fuoripista: forse il viaggio vero inizia proprio in quel punto, perché è lì che inizia la scoperta, che è custodita nei volti che si incontreranno per strada.
      Bellissimo!!
      Grazie 🙂

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  3. Io “Patagonia Express” non l’ho capito.
    Nel senso che tutti coloro che me ne hanno parlato, a fine lettura si sentivano come travolti da vento di conoscenza, illuminati da luce divina, possessori della chiave per conoscere il mondo.
    Io ho solo potuto apprezzare le bellissime descrizioni, immaginare nitidamente i luoghi. Ma niente di più!
    Le tue belle parole però mi sussurrano di riprovarci, di dargli un’altra possibilità, nella speranza che stavolta funzioni. Grazie 🙂

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    1. Ciao!
      Sai che forse un po’ ti capisco? Per come la vedo io, la luce divina e le perturbazioni varie sono cose che “colpiscono” sempre gli altri, a me non succede mai.
      Però come te apprezzo le bellissime descrizioni, tanto che mi pare di vederli davvero i luoghi.
      Credo che se dai un’altra chance a Patagonia Express leggendolo con questo tipo di sguardo, allora sì che ti regalerà qualcosa (ma se ti regala una rivelazione per favore dimmelo, che potrei diventare invidiosa!!)
      Grazie per avermi scritto 🙂

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  4. “Ore giapponesi” di Fosco Maraini ( il papà di Dacia ) merita veramente una lettura. Se non lo conosci , te lo consiglio… solo che dopo ti viene un fortissimo ” prurito ” per andare in Giappone….

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  5. Io a Sepùlveda e Terzani aggiungo Kapuściński.
    Sono alla ricerca costante di storie che raccontano il mondo e l’essere umano che lo abita.

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  6. Tu già sai cosa penso di te.
    Ma secondo me questa volta ti sei davvero superata! Ti auguro cento, mille di quei meravigliosi pruriti 🙂

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    1. Marika…adesso come faccio a dirti solo grazie? Non basta!!
      Sei troppo gentile 🙂
      Auguro lo stesso a te: che tu non finisca mai di grattarti (che così parrebbe anche brutto, ma insomma…ci siamo capite!)

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    1. Guarda che ti becco anche con l’anonimo, sai? Ormai ti riconosco 😉
      Grazie!
      La suspence mi piace, vero, ma le risposte non ci sono: temo che dovrò andarle a cercare per il mondo!!

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  7. non so che dire. se non che rivedo molto della me lettrice e dell’ aspirante viaggiatrice! il prurito, tutto vero.ed è l ennesima volta che inciampo nel nome di tiziano terzani ultimamente.. esco e vado a comprare qlcs di lui!

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    1. Che bello!!
      Inciampare in Terzani è una gran cosa, io ci ricasco sempre e ormai mi sa che lo faccio apposta 🙂
      Il mio preferito è “Un altro giro di giostra”, ma davvero con lui cadi in piedi, non puoi sbagliare!

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  8. “…questi qui non te lo dicono di certo dove andare a mangiare, fanno di meglio: ti insegnano come chiederlo alla gente.”
    Hai centrato il punto: le guide è meglio tenerle per il tragitto, essere viaggiatori è soprattutto saper vivere il viaggio, integrarsi nella cultura ospitante, far parte anche solo per un breve periodo della loro comunità. E non potevi usare parole migliori per spiegare questo aspetto.

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