Wat Saman Rattanaram Cabiria Magni

Chachoengsao: un viaggio senza vetro

Prima di iniziare, qualche informazione pratica, così chi non è interessato agli sproloqui non è costretto a leggere tutto.

biglietto per Chachoengsao, Thailandia

Chachoengsao si trova a circa 80km da Bangkok, e se volete un assaggio della Thailandia più autentica vi consiglio di andarci con il treno locale: partenza dalla stazione di Hua Lumphong (di Bangkok, appunto), costo del biglietto 13 bath per i farang, niente per i thailandesi.
La stazione di Chachoengsao si raggiunge in circa due ore, poi da lì si prosegue in tuk tuk o songthaew.
I complessi da visitare in questa zona sono due, a circa 20 minuti di tuk tuk l’uno dall’altro: il Wat Sothon Wararam Worawihan, con il suo shrine, e il Wat Saman Rattanaram, il tempio del mega Ganesh, giusto per intenderci.
Se come me arrivate a Chachoengsao verso mezzogiorno, potete prevedere un rientro a Bangkok nel tardo pomeriggio, tra le cinque e le sei, in modo da essere in città all’ora di cena.

Ora gli sproloqui.

Chachoengsao è uno di quei posti che non avevo programmato di vedere e invece mi ci sono ritrovata.
A dire il vero, fino al giorno prima di andarci non l’avevo neanche mai sentito nominare, ma poi è successo (ok, non è successo, l’ho fatto apposta) che per il secondo anno di fila sono stata a Bangkok il 12 di Agosto, che in Thailandia è un giorno festivo: è il compleanno della regina, la festa della mamma, così mi sono aggregata al pellegrinaggio che gli amici thailandesi hanno organizzato per l’occasione.
E ho scoperto un’altra di quelle bellissime realtà senza filtri.

Bangkok, stazione di Hua Lumphong Thailandia
Bangkok, stazione di Hua Lumphong

Come dicevo, a Chachoengsao sono andata in treno, la versione thailandese dei nostri regionali (potete già rabbrividire, e non parlo dei treni thailandesi, parlo dei nostri regionali): carrozze in legno piene di gente e arroventate dal sole, con soffitti che reggono dei poveri ventilatori aggrappati alla meglio, buoni più che altro per il morale.

Nel corridoio, tra i viaggiatori rimasti senza posto, si aprono la strada i venditori con le loro borse piene di cibo, o di bevande. Chi un posto l’ha trovato, invece, riempie il suo tempo come può: si sgranocchiano alghe, ci si addormenta dove capita, si guarda fuori da un finestrino senza vetro.
Il treno corre sui binari, e fuori il paesaggio cambia in continuazione; i grattacieli lasciano il posto a catapecchie che stanno in piedi solo con la forza dell’ottimismo, lì tutte ammassate lungo il binario: a mettere la faccia fuori, ci si ritrova in casa di qualcuno.

Bangkok - Chachoengsao in treno

E’ l’Asia che mi piace, quella che mi manca quando vado via.
E’ l’Asia che non sta dietro una vetrina, quella che non riuscirò mai a capire davvero, ma è quella che quando ci vado… posso dirlo? Io lì mi sento a casa, anche se non c’azzecchiamo più di tanto l’una con l’altra.

Dopo due ore, la folla dei pellegrini si riversa insieme alle nostre facce occidentali sulla strada; una bambina di pochi giorni piange disperata per il caldo, il padre suda come non ho visto fare mai. Qualche anima pia tenta di cantare una canzone per distrarla, le fa un po’ d’aria.

La prima tappa è per lo shrine del Wat Sothon Wararam Worawihan, col suo tetto in eternit e un marasma di persone a ribollire lì sotto: le danzatrici si muovono nell’aria appiccicosa con un sorriso, i fedeli comprano offerte e si incamminano verso gli altari, ogni tanto mollano qualche spintone ai compagni di fila, si schiacciano tutti i piedi.
La zaffata di incenso e di sudore che mi accoglie mi fa subito pensare all’India, per un attimo rivedo la calca di Ajmer.

Wat Sothon Wararam Worawihan, shrine
Wat Sothon Wararam Worawihan, shrine

Dopo lo shrine, è la volta del Wat Sothon Wararam Worawihan in persona: è bianchissimo, luccica sotto il sole, non riesco a guardarlo senza occhiali, questo sì che è un bianco che più bianco non si può.
Dentro, la folla si compatta attorno alle statue del Buddha, tra preghiere e selfie di famiglia. In questi casi mi chiedo sempre se sia giusto rubare qualche foto, poi vedo che i thailandesi questo problema proprio non se lo fanno, scattano come se non ci fosse un domani: abbiamo un concetto del sacro totalmente diverso, il loro punto di vista è molto più libero, mi accorgo che noi tante volte rimaniamo ingabbiati in convenzioni che non hanno troppo senso.
Il Buddha sorride, anche lui ci tiene a venire bene negli album di famiglia. Scatto pure io, mi sento un po’ thailandese.

Wat Sothon Wararam Worawihan
Wat Sothon Wararam Worawihan

L’ultima tappa è di quelle che aprono gli occhi, non solo per guardare bene quel Ganesh enorme che se ne sta sdraiato là sopra come una Paolina Bonaparte un po’ sovrappeso.
Siamo nel complesso del Wat Saman Rattanaram, e quel Ganesh pare che sia il più grande della Thailandia, con i suoi 16 metri per 22; accanto a lui, altre statue giganti: divinità cinesi, Buddha, una giostra con la forma di un fiore di loto ipertrofico. I Transformers.
Già, quelli là.

I bastoncini d’incenso bruciano, il brodo viene risucchiato dai cucchiai, qualcuno fa un rutto. Ci si pettina davanti agli smartphone e si parcheggiano sedie a rotelle sotto la proboscide infinita, poi si alza quella bacchetta che se in Asia non ce l’hai non sei nessuno e… click!
Si regalano gomitate a quello lì che sta pregando accanto, che se non si toglie rovina la foto. Riclick!
Ok, adesso va bene.

Wat Saman Rattanaram Cabiria Magni
Il Ganesh del Wat Saman Rattanaram

Quel giorno le uniche facce straniere erano le nostre, eravamo noi quelli da guardare strano, mica quel gigante tutto rosa che quando l’ho visto ho pensato subito a Majin Bu: chissà, magari la prossima volta al posto dei Transformers trovo Goku (io preferirei, ma sono di parte).

Come si fa a capirli questi qui? Che recitano una litania mentre leccano un gelato.
Non si può, o si amano o fanno venire il nervoso, alternative non ce ne sono: sono questi i veri atti di fede.

Da che parte sto io ormai si è capito, ma c’è una cosa che di sicuro vale per tutti: a viaggiare senza vetro c’è sempre da guadagnarci.

Ringraziamenti:
Sarò ripetitiva, ma anche questa volta devo ringraziare Andrea, Kevin, Noom, Gloy, Sun e Yok: senza di loro non avrei mai fatto un’esperienza del genere, e senza di loro non mi sarei confusa ulteriormente le idee sulla Thailandia.
Alessandro, Raffaele, Mint e First hanno fatto il resto 🙂

28 pensieri riguardo “Chachoengsao: un viaggio senza vetro”

      1. 🙂 Te l’ha mai detto nessuno che sei una calamita ?!?! E il tuo blog si appiccica sul mio monitor e non si stacca più !! 😜😜😜

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  1. Cabiria, condividiamo questa strana sensazione di sentirsi a casa quando siamo in Asia…
    Appunto questi luoghi per il prossimo viaggio in Thailandia perchè prima o poi arriverà il richiamo decisivo 🙂
    ps. concordo sui treni asiatici, io c’ho viaggiato anche di notte sia in Vietnam che in Thailandia e mi sono trovata meglio che con i nostri.

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    1. In posti del genere vedi davvero quanto sono diverse le nostre culture, qui non ci sono troppi filtri occidentali come quelli che si possono trovare in località più turistiche. Da provare!! 🙂

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  2. Posso aggiungere questo posto alla lista dei motivi per tornare in Thailandia per la terza volta. Quando si parla di Asia non si resta mai delusi. La prossima mia destinazione sarà l’Indonesia e non vedo l’ora di “conoscerla”. Per quanto riguarda il Loi Kratong, carpe diem: vacci e non te ne pentirai assolutamente. Per me è stata un’esperienza super emozionante.

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  3. Ecco… ho sempre più voglia di Asia leggendo i tuoi post!
    Queste sono le esperienze più belle, quelle non programmate e vissute con il locals che ti portano in posti che non avevi mai sentito nominare…
    Proprio questa mattina ho letto il post di Andrea sul Loy Krathong e la prima cosa che ho pensato appena finito di leggere è stata “ok, l’anno prossimo devo esserci!!”

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  4. aspettavo questo articolo! quando andro’ a gennaio spero davvero di riuscire a fare un salto a Chachoengsao per vedere questo pink Ganesh! ho pochissimo tempo ma non posso escluderlo! grazie per le info!

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    1. Grazie a te!
      Se sei a Bangkok ce la fai tranquillamente in giornata, e se riesci secondo me ne vale davvero la pena, è una Thailandia che non si vede tutti i giorni. Io l’ho apprezzata tantissimo 🙂

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    1. Ok, non ti ringrazio più per iscritto, tu fai conto peró che quella parolina c’è sempre, perchè è così.
      2015…mannaggia a te, non sai quanto mi piacerebbe, potrei anche pensare di fare la pazzia e venire solo per qualche giorno…solo per il Loy Krathong, eh! 😉

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