Nokia presenta: fotografia e mobile, oggi tutti possono essere fotografi.
Questo il panel che ho seguito durante la Social Media Week 2013 a Milano.
La discussione è iniziata con un dubbio: forse questo titolo andava concluso con un punto di domanda, piuttosto che con un punto fermo, ed è proprio la riflessione che vorrei fare qui.
Certamente sono cambiati i mezzi, probabilmente la tecnica, ma chiediamoci se poi è questa la discriminante.
Ricordo un aneddoto uscito dal cilindro della mia prof di storia dell’arte del liceo (curioso come certi flashback riaffiorino inaspettati) che ci aveva raccontato come Picasso, accusato di disegnare come un bambino, rispose prendendo carta e matita e senza proferire parola imbastì uno studio di mani da levare ogni dubbio (oltre che il fiato).
Ora il povero sprovveduto che il fiato ce l’aveva da sprecare forse ignorava che non avrebbe potuto fare complimento migliore al pittore spagnolo, ma il buon vecchio Pablo, che proprio anima pia non era, la sua bella soddisfazione se l’è tolta rispondendo con lo stesso registro.
E’ anche per questo che il personaggio mi piace troppo.
Tutto sto preambolo per dire che vanno bene le attrezzature e vanno bene le teorie, resta il fatto che il genio non è in vendita.
Non puoi comprare le mani di Picasso e non puoi comprare l’occhio di McCurry, non ce n’è.
Tutti possono essere fotografi, quindi?
No, vivaddio!
Però tutti possono scattare.
I nuovi strumenti permettono a chiunque di avvicinarsi ad un mondo che spesso prima era troppo lontano: diciamocelo chiaro, una reflex come si deve non è alla portata di ogni tasca, uno smartphone costa molto meno.
I nuovi strumenti permettono ai grandi di percorrere strade non ancora battute: non avevo mai considerato con troppa attenzione l’idea che in realtà una macchina possa costituire un filtro o addirittura essere una barriera tra chi fotografa e chi è fotografato, ma in effetti è proprio così.
A tale proposito ho molto apprezzato l’intervento di Ruben Salvadori (tenetelo d’occhio, che secondo me lo sentiremo ancora), fotografo di professione, sì, fotografo, non “telefonista” del week end, che spiegava come in certi reportage dal sentore più intimo è importante evitare di sbattere un obiettivo in faccia al soggetto se lo si vuole mettere a suo agio, che altrimenti come puoi pretendere ti regali un pezzo della sua anima.
Ma qui forse sconfiniamo nell’antropologia.
In ogni caso, non è che si deve per forza arrivare all’estremo del cellulare (tipo di reportage che in Italia tra l’altro non ha ancora mercato, ma mi sono segnata dei nomi: prometto che posterò i link dei loro lavori perché mi hanno impressionata), sicuramente però va fatta una riflessione sul mezzo, che tale deve rimanere e nulla più, ma forse tante volte ce lo dimentichiamo e tendiamo a trasformarlo in un pretesto.
Giusto per essere chiari, non è che tutti i giorni a Malaga nasce un pittore, ma i colori sono sempre in vendita e a fare qualche scarabocchio senza pretese non si fa del male a nessuno.
Fotografo, meccanico, medico, falegname basta una app su smartphone?
Studio, passione sacrificio non li vende la Nokia.
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Assolutamente d’accordo con te 🙂
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