Le Outer Banks Sono state la rivelazione dell’ultimo viaggio negli Stati Uniti.
I paesaggi di queste isole sono bellissimi, selvaggi. Le lingue d’asfalto delle strade, a tratti ricoperte dalla sabbia portata dal vento, corrono accanto alle dune che costeggiano l’oceano, rivelandolo di tanto in tanto, alle volte da entrambi i lati contemporaneamente. È un posto dove ci si rende conto di essere piccoli in confronto alla natura, ed è bellissimo, ci si sente liberi di una libertà che non si può spiegare.

Le Outer Banks sono una serie di isole molto strette che fiancheggiano la costa del North Carolina, ed è proprio per questa loro conformazione che sono note come “barrier islands” (l’isola di Hatteras in alcuni punti è larga poche centinaia di metri); sono tutte collegate da ponti tranne l’ultima, l’isola di Ocracoke, cui si accede con un traghetto.

Sono anche tristemente note come “graveyard of the Atlantic”, il cimitero dell’Atlantico: da queste parti, infatti, negli ultimi 500 anni sono affondate circa 5000 navi a causa della conformazione sabbiosa della costa, che senza l’aiuto dei fari è molto difficile da approcciare. I banchi di sabbia sommersi sono praticamente impossibili da vedere, soprattutto al buio, e non si possono nemmeno tracciare sulle carte nautiche: quello delle Outer Banks è infatti un paesaggio mutevole e continuamente plasmato dal vento.
Sarà per questo motivo che il famoso pirata Barbanera scelse come covo l’isola di Ocracoke?

Ci siamo fermati alle Outer Banks tre giorni e abbiamo pernottato ad Avon: man mano che da Corolla si scende verso l’isola di Ocracoke i paesi diventano sempre meno turistici, con tutti i pro e i contro del caso.
Avon ci è sembrato un buon compromesso, ma tenete presente che ci siamo stati a inizio Maggio, prima dell’inizio “ufficiale” delle vacanze, che negli Stati Uniti generalmente è segnato dal Memorial Day (l’ultimo lunedì di Maggio). I turisti erano ben pochi e, uscendo a cena, nei ristoranti si incontravano più che altro i pescatori del posto. L’atmosfera era bellissima, e chiassosa.
Ma veniamo all’itinerario. Ci siamo stati tre giorni e se anche fossero stati di più non ci saremmo annoiati: le cose da vedere non mancano. Ci tornerei subito.
Giorno 1 – Kill Devil Hills e Avon

Arrivando da nord, la prima tappa è stata Kill Devil Hills, dove i fratelli Wright hanno scritto la storia del volo, nel 1903. (Per informazioni sul Wright Brothers National Memorial cliccate qui)
A proposito di volo, una nota di colore, che tanto la storia la trovate ovunque, se già non la sapete: se fate caso alle targhe automobilistiche di Ohio (“the birthplace of aviation”) e North Carolina (“first in flight”) potrebbe venirvi qualche dubbio. Qual è lo stato che effettivamente può vantare il primato dell’aviazione? Forse la risposta più corretta è “tutti e due”.
L’Ohio è infatti la patria natale dei Fratelli Wright, il che giustifica la scelta del termine “birthplace”, mentre il North Carolina è il luogo da loro scelto per le prove di volo, il che è coerente con la dicitura “first in flight”: i fratelli Wright per provare a decollare volevano un posto sempre ventoso, con pendenze dolci e possibilmente con pochi alberi, perchè non si sa mai. Come dar loro torto?
Siamo quindi arrivati nel tardo pomeriggio ad Avon, giusto in tempo per lasciare i bagagli nell’appartamento e andare a cena.

[Nota sulla sistemazione – alle Outer Banks gli hotel non sono tantissimi, meglio optare per un appartamento, anche perché le case sono molto particolari: sono tutte in legno, in origine di cedro, e rialzate come delle palafitte, così se si alza anche l’oceano…non ci sono problemi.]
Giorno 2 – Avon e Cape Hatteras Lighthouse

Abbiamo trascorso la mattinata sulla spiaggia davanti a casa, che come ho già avuto modo di affermare altrove è la spiaggia perfetta per chi soffre di sociopatia, come la sottoscritta. È ampia e molto dispersiva, il posto ideale per godersi una natura potente nel giusto spazio vitale. Personalmente, poi, a me le dune che arrivano fin quasi dentro l’oceano schermando tutto il resto del mondo sono piaciute tantissimo. In ogni caso le Outer Banks sono piene di spiagge bellissime, con queste caratteristiche: non c’è che da scegliere.

Il pomeriggio siamo andati al Cape Hatteras Lighthouse, che con i suoi 65 metri è il faro in mattoni più alto d’America. Sarà perché era una giornata di sole e il cielo era limpidissimo, ma ancora oggi, se penso a questo faro, la prima cosa che mi vengono in mente sono i colori meravigliosi. Se non avete problemi di vertigini e/o di claustrofobia, salite in cima e godetevi il panorama.
Giorno 3 – Bodie Island Lighthouse, la Colonia Perduta, Manteo

Giornata di spostamento, nella quale siamo tornati a nord, in direzione Chapel Hill, facendo alcune tappe.
Innanzitutto al faro di Bodie Island, il terzo faro a essere costruito sulle isole, nel 1872. Alto 45 metri, è facilmente riconoscibile grazie alle strisce bianche e nere che si alternano fin sulla sua cima.

È stata poi la volta della Colonia Perduta di Roanoke, il secondo insediamento inglese nell’America del Nord i cui coloni…ad un certo punto sono spariti. Il mistero che circonda la loro fine non è ancora stato completamente chiarito, ma ci sono diverse ipotesi. Per chi fosse interessato, metto questo link al sito del National Geographic: non è recentissimo, ma ci sono un po’ di dettagli.

L’ultima tappa è stata per il pranzo, al Poor Richard’s sandwich shop di Manteo. Due signori che abbiamo incontrato ci hanno detto che questo posto è famoso per il panino al roast beef e che loro ci vanno apposta per mangiarlo. Potevamo non ascoltare il consiglio? Lo giro anche a voi, fatene buon uso se passate da queste parti.
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