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Tra Terzani e Cambogia

“Bisogna capire cosa c’è dietro i fatti per poterli rappresentare.”

Per l’ennesima volta mi ritrovo nelle parole di Terzani; in questa frase il riferimento era alla fotografia, ma non credo di sbagliarmi se dico che pensava lo stesso anche della parola.
In ogni caso, anche per me è così.

Lo scorso week end si è concluso a Lecco “Immagimondo – Festival di viaggi, luoghi e culture”, progetto di Les Cultures: ci sono stata perché attratta da una mostra fotografica sullo Sry Lanka.

Mi è piaciuta l’atmosfera che si respirava in quell’evento di stand, mostre e convegni dislocati per il centro di una città che da poco ho scoperto di apprezzare nella sua tranquillità che sa un po’ di lago; a colpirmi però è stata una casa editrice che, confesso, prima non avevo mai sentito nominare: “ObarraO edizioni”, dove le due O stanno per Occidente e Oriente.

Non starò a dilungarmi su questa affascinante dicotomia perché sono fin troppo bravi loro a spiegarla: nel caso interessasse, consiglio di fare un salto sul sito, anche solo per dare una sbirciata al catalogo, che a mio modo di vedere presenta delle vere e proprie chicche.

Mi sono lasciata tentare da due libri in particolare “S-21 La macchina di morte dei khmer rossi” e “Passeggiate in terra buddhista – Birmania”: ho iniziato a leggere il primo.

La meta del mio prossimo viaggio ormai è dichiarata: si tratta della Cambogia, alla quale attaccherò anche il Laos, ma da qualche parte bisognava pure iniziare, quindi ho scelto quella più cruda, per partire subito con un bel pugno nello stomaco e sentire quel sapore di ferro che solo il sangue sa dare, e di sangue in Cambogia tra il 1975 e il 1979 ne è corso parecchio: quello di due milioni di persone torturate e uccise in modo gratuito, con le motivazioni più banali, perché lavoratori in un’industria tessile avevano rotto un ago, o avevano avanzato troppa stoffa.
Il male non ha bisogno di fantasia.

Credo che per certe mete, prima di comprarsi una guida, sia importante fare un viaggio nella storia.
Credo che ci sono cose che non si possono leggere se non negli occhi delle persone, e credo che nei limiti del possibile bisogna essere preparati, o almeno avere una vaga idea di quello che ci aspetta, perché probabilmente preparati non lo si è mai.

Quindi mi ci sono buttata, come al solito a gamba tesa.
Non ho la pretesa di poter affrontare quella parte di mondo con la divisa da maestrina, quello no, anche perché le divise non mi divertono, voglio però provare a capire cosa c’è dietro a ciò che vedrò, come diceva Tiziano (mi prendo la libertà della confidenza).

La sfida è di quelle epocali, si tratta di scovare la differenza che passa tra rappresentazione e idea.
Probabilmente non ne sarò in grado, ma non mi pare un buon motivo per rinunciare subito.
E in ogni caso, in tutto questo, ho scoperto un editore che non conoscevo e che terrò sicuramente d’occhio: pare poco?

Una precisazione: né “Les Cultures” né “ObarraO” hanno chiesto di essere citati e/o linkati in questo post, si tratta di una scelta mia, fatta per spirito di condivisione di informazioni che meritano di circolare, e non per fini pubblicitari.