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The Red Centre parte 4: Her Majesty Uluru

Questo post l’ho scritto immersa nel silenzio più completo e non vi dico che frastuono facevano i ricordi.

Uluru è un posto magico, se anche voi riuscite a leggere queste righe nel silenzio, è facile che sentiate qualche vibrazione che arriva da lontano.

Non sono impazzita, è soltanto magia, quella che ti capita quando fai davvero attenzione a quello che ti sta attorno, anche se sei nella strada sotto casa.

Uluru

Giusto due numeri, per dare l’idea: Uluru è lunga 3,6km e saluta la polvere rossa dall’alto dei suoi 348mt; la cosa bella è che dicono che i due terzi di questa roccia in realtà se ne stiano nascosti sotto terra.

Probabilmente è uno dei soggetti più fotografati di questo mondo, ma garantisco che quando ti ci ritrovi davanti è come se la vedessi per la prima volta, non ce n’è: la realtà è il più suggestivo degli incanti.

Non credo ci sia bisogno di dire che “the Rock” è il pezzo forte dell’Uluru-Kata Tjuta National Park; le povere Olgas, Kata Tjuta appunto, sono le classiche sorelle un po’ sfigate che fossero nate da un’altra parte avrebbero anche avuto altra sorte, ma il destino le ha volute qui, simpatico.

In ogni caso non buttiamole via: consiglio quattro passi nella Valley of the Winds, in un paio d’ore ve la cavate e la vista è sempre splendida.

The Valley of the Winds

Ma torniamo a noi.

Non vi ho ancora detto che il parco in realtà è di proprietà degli aborigeni, anche se è stato dato in concessione a “Parks Australia”; la cosa bella è che la sua gestione è congiunta ed è qui che vedi al lavoro insieme aborigeni e australiani d’importazione, sullo stesso piano, che non è per niente scontato.

Uluru - Kata Tjuta National Park - ingresso

Prima di approcciarsi a tutto quello che vi stordirà non appena metterete piede in questo posto sarà utilissima una tappa al Cultural Centre: garantisco che il vostro approccio poi sarà diverso.

Un esempio?

Tutti mi avevano parlato della salita sulla Roccia come il momento topico della visita; ecco, io mi sono rifiutata di farla.

Non è per fare quella snob, è solo che se ti fermi a leggere per provare a capire, ti accorgi che quella è terra sacra, che per la cultura aborigena non dev’essere calpestata da piede umano; le eccezioni sono solo per gli dei e non credo di aver ancora raggiunto quello status, ahimè.

Anche vista dal basso ha il suo perchè

Poi possiamo anche parlare del fatto che l’ascesa non venga impedita tuttora (potrebbero anche farlo) per meri motivi turistici, chiaro, in ogni caso non sarò certo io ad incentivare la pratica del compromesso.

E credo non lo faranno nemmeno più i mittenti delle famose “sorry rocks”: sempre al Centro, avrete modo di farvi quattro risate leggendo le lettere di scuse che accompagnavano le pietre prima sottratte e poi rese dal turista in cerca di souvenir, che il boomerang pare banale.

Perché rimandarle indietro? Boh, si dice che questi sedotti dalla geologia siano rimasti vittime di una serie di sfortune a seguito dell’appropriamento indebito.

Suggestione? Malocchio?

Magia della Roccia, io l’avevo detto.

Ah, la sorpresa, che settimana scorsa l’ho buttata lì!

Dovete sapere che per dormire da queste parti potete fermarvi solo a Yulara, dove c’è un unico resort, che è vero che ha diverse soluzioni, ma i prezzi non sono proprio popular: monopolisti.

Fedele alla miglior tradizione, avevo ripiegato sulla sistemazione più infima (non proprio, ma quasi!), ma la sfortuna si è travestita da guasto dell’aria condizionata e purtroppo mi sono dovuta adattare ad un albergo migliore con tanto di piscina, che quando ci sono 50 gradi uno lo sforzo lo fa anche.

The Lost Camel - Yulara

The Red Centre parte 3: Kings Canyon

Il tramonto, dicevamo.

Sunset @Kings Canyon

Dalle parti del Kings Canyon (Watarrka è il suo vero nome, il nome aborigeno) ci sono arrivata nel tardo pomeriggio, quando il sole si preparava a levare le tende: vuoi non andare a goderti la vista?

Per lasciare la valigia c’è sempre tempo, certe sfumature di rosso invece non sanno aspettare.
Io nemmeno.
Quindi mollata la macchina ho infilato la passerella di legno e sono andata a godermi lo spettacolo.

Poi via verso la cena!

Ho evitato tutte le proposte suggestive dei depliant vari e mi sono buttata sulla griglieria del Kings Canyon resort: sono uscita che puzzavo di carne peggio di quella che avevo nel piatto e con le orecchie piene di un frastuono che somigliava a musica country mista a vociare alticcio, ma direi che ne è valsa la pena!

Dining @Kings Canyon resort

L’esperienza è di quelle da ricordare, il kebab di coccodrillo e le salsicce di emù pure, anche se ammetto che il mio preferito rimane il canguro (scusate la brutalità, ma ho una certa passione per la carne).

L’incontro col canyon in persona è per la mattina successiva, in grande stile: la scelta ricade sul Kings Canyon rim walk, percorso circolare di quattro ore scarse che ti porta fino alla sommità del dirupo; qualche tentennamento l’ho avuto, visto che il ragazzo del desk al resort si è più volte raccomandato di fare attenzione al vento molto forte, che di appigli non ce ne sono e sono un po’ fatti tuoi.

We can do it.

Bell’incoraggiamento, eh? Vabbè, facciamo finta di non avere sentito.

Ad ignorare i terrorismi gratuiti si fa sempre bene, mi fossi lasciata intimorire da certi scenari apocalittici, mi sarei persa uno spettacolo!

Cammini su, fino alla cima e ti aspetta una vista meravigliosa, che ti senti un microbo in un mondo che mai come in momenti del genere appare grande; fai qualche passo a Lilliput (sì!), in quota, vedi queste strane rocce che punteggiano tutto un tratto del sentiero e scopri che la creatività della natura non ha limiti.

Lilliput

Scendi nel Giardino dell’Eden (no, non sei morto di caldo e fatica, scendi davvero!) e nel mezzo del deserto rosso scopri che ci sono pozze naturali con una vegetazione da fare concorrenza all’Amazzonia.
E la gente ci fa il bagno.

Dipping in the desert

Poi ritorni su e affronti l’ultimo tratto del percorso, quello che ti riporta alla base pieno di mosche, che pare essere tipico da ste parti (non a caso vendono di quei cappelli con retina che mammamia), ma che alla fine ti è andata bene, che visto che ha piovuto non ce ne sono poi tante (da notare che tutto è relativo: per “non ce ne sono tante” si intende che ti riempi completamente, che ti si appoggiano addosso e chi le leva, ma almeno riesci a non mangiarle e son fortune).

It was worth it

Le scarpe sono ormai piene di terra rossa, verrà via? Poco male, tanto si sono aperti anche un paio di buchi: ti chiedi per quanto reggeranno ancora mentre entri in macchina, che Uluru attende.

Let's Uluru!

E anche una sorpresa attende, che ogni tanto una botta di fortuna se la pigliano tutti volentieri!