Secondo giorno nella Cordillera: Batad, le risaie più belle di Luzon, almeno per me (ma a quanto pare siamo in tanti a pensarla così).
Siamo partiti da Banaue verso le otto del mattino con una jeepney insieme ad altri sette sprovveduti, di cui due italiani: un ragazzo di Torino, a zonzo per le Filippine senza troppi piani, e un signore di Perugia, che per la seconda volta ha mollato tutto per farsi un giro del mondo di un anno.
Non mi stancherò mai dirlo, il bello dei viaggi sono i racconti delle persone che si incrociano lungo la strada, e questi due ne avevano da dire!

Il trekking a Batad è decisamente impegnativo, quindi se non siete troppo convinti rifletteteci bene: è vero che è il classico esempio di come il traguardo compensi poi ogni fatica, ma è anche vero che al traguardo bisogna arrivarci.
La jeepney ci ha scaricato alla fine della strada battuta, da lì in poi abbiamo proseguito a piedi verso la prima tappa, il viewpoint, in corrispondenza del quale si trovano diversi ristoranti e alloggi (per informazione: è possibile organizzare anche escursioni di due giorni, con pernottamento proprio qui).

Per arrivare al viewpoint ci vuole un’ora abbondante, senza grandi sforzi in verità, la difficoltà viene dopo: una buona alternativa alla rinuncia totale potrebbe quindi essere quella di fermarsi qui come ha fatto qualcuno del mio gruppo, che abbiamo ritrovato poi a pranzo.
Bisogna però dire che la vera bellezza di queste risaie non si riesce a cogliere dal viewpoint ma dopo, quando cioè si inizia a scorgere la loro forma ad anfiteatro, che è ciò che le rende davvero uniche.
Siamo quindi ripartiti e abbiamo costeggiato la montagna fino al centro dell’anfiteatro, dopodichè siamo saliti attraverso i terrazzamenti e abbiamo guardato giù: ci sono dei momenti in cui si rimane senza parole e non per modo di dire, a me è successo là in mezzo.
Il trekking poi prosegue scendendo dal lato opposto, fino a ritrovarsi esattamente dall’altra parte della vallata: per arrivarci calcolate un’altra ora circa.

A questo punto la guida ci ha proposto di andare a vedere le cascate di Tappiyah lì sotto, e io sfido chiunque, in preda all’esaltazione del momento, a rifiutare: noi non ce l’abbiamo fatta, così siamo andati.
Ad aspettarci centinaia di gradini scavati dentro la foresta, un piccolo sentiero, e alla fine le cascate, nonchè una gran voglia di buttarcisi sotto.
Dopo le cascate siamo rientrati: tornati al viewpoint, ci siamo lasciati cadere sulla prima sedia libera del ristorante; le ore di cammino a questo punto sono cinque, ma quel che lascia interdetti è la consapevolezza che ne manca ancora una, praticamente tutta in salita, per tornare alla jeepney.

Personalmente, ho deciso di non pensare a quell’ultimo sforzo e di mangiarmi un chicken adobo che mi ricordo ancora oggi, più una barretta di cioccolato: meglio non rischiare di perdere qualche etto.
E’ stata sicuramente una delle giornate più faticose, ma nello stesso tempo anche una delle più belle in assoluto, e non c’entra niente il fatto che fosse il giorno di Natale.
I posti “da conquistarsi” sono quelli che lasciano le tracce più indelebili: la stanchezza si dimentica subito, rimane solo una grandissima soddisfazione.
Se ora ve lo state chiedendo… sì, lo rifarei!
E lo consiglio a tutti: magari al momento vi maledirete chiedendovi chi ve l’ha fatto fare, ma vi garantisco che non ci metterete molto a fare pace con voi stessi.

Il giorno successivo invece siamo andati ad Hapao: un trekking molto più leggero, quasi completamente pianeggiante, perfetto per sciogliersi i muscoli indolenziti.
Per Hapao niente jeepney, abbiamo scelto un trycicle (750 pesos in due, andata e ritorno): un’ora e mezza per fare 16 chilometri, ma la scelta è stata azzeccata perché la strada davvero faceva spavento, e una jeepney non ce l’avrebbe fatta.
Il bello del trekking di Hapao non sta nei panorami mozzafiato, quanto nel contesto in cui è immerso: è un po’ come se fosse la scampagnata delle famiglie del paese, che camminano sul ciglio delle risaie per andare ad immergersi nelle sorgenti di acqua calda.
E’ bello infilarsi in mezzo a loro, e fare un pezzo di strada insieme (oltre che bello è utile a non perdersi!).

Nelle sorgenti di acqua calda invece non ci siamo infilati, perché erano più affollate dell’Idroscalo il quindici di Agosto: ci siamo solo goduti gli spruzzi del torrente gelato che scorre verso la valle, e ci siamo divertiti ad osservare i pazzi che si tuffavano dentro!
Nella Cordillera ci si diverte davvero con poco, ma soprattutto si impara a fare i conti solo con le proprie forze.
“I posti “da conquistarsi” sono quelli che lasciano le tracce più indelebili: la stanchezza si dimentica subito, rimane solo una grandissima soddisfazione.”
Che dire più?
Tanta roba, Cabiria…
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Tanta roba sì Ernesto, ma quella che ho visto quel giorno 🙂
Consigliato a tutti, non per forza nelle Filippine!
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Si dice che le cose conquistate con fatica sono sempre le più belle, e a sentirti parlare e a vedere le foto, non faccio fatica a crederlo! 🙂
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Sì, una fatica incredibile, eppure la rifarei ora: una grandissima soddisfazione 🙂
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