Questo post è perché in molti mi chiedono cos’è quell’aggeggio che mi sono fatta tatuare sul braccio.
Quell’aggeggio viene da una foto:
Scattata a Bali la scorsa estate, è la porta del Pura Lempuyang, o come l’abbiamo soprannominata quando siamo arrivate là sopra con la lingua fuori, “the frame of emptyness”.
Dico con la lingua fuori perché ci si arriva dopo la bellezza di 1700 scalini più o meno accomodati nella montagna, che nella mia infinita furbizia ho salito con un paio di infradito ai piedi: in realtà i programmi per quella giornata erano altri, ma a certe proposte non si può resistere e si finisce per passare sopra pure al mito della scarpa adatta (sacrilegio!).
Il Pura Lempuyang fa parte degli sky temple (dei templi di Bali ho parlato qui, per chi ne volesse sapere di più) e con tutti quei gradini non c’è bisogno di stare a spiegare il perché di questo nome.
Ci si arrampica su per la montagna ansiosi di arrivare in cima a vedere che meraviglia si arrocca ad un soffio dal cielo e ci si ritrova in un cortile vuoto, giusto una porta che sta a guardare e pare quasi prendere in giro.
“E quindi?”
E’ la prima cosa che ci si chiede mentre si sbircia attorno cercando di capire dove si trova sto benedetto tempio, ma poi ci si arrende, ci si affaccia a questa cornice, e il regalo è una vista di quelle che ci si ricorda da anziani: il nulla in bella mostra di sè.
Lì davanti soltanto uno strapiombo, una vallata che si è messa comoda in un angolo di isola.
Non c’è nessun tempio, siamo noi il nostro tempio, non servono le mura, men che meno il tetto.
E sta cosa te la dicono in cima ad una montagna, che avvisare sotto pare brutto.
Poi però ci pensi e ti accorgi che dal basso certe cose non si possono capire.
Tante volte bisogna tirarsi fuori dalla prospettiva con cui ci si abitua a guardare il mondo per capire che il mondo non finisce là dove arriva il nostro sguardo, è che ci fa comodo così perchè è più facile.
La cima la si raggiunge carichi di curiosità e aspettative, si fa una fatica boia, non si vede l’ora di arrivare e salendo ci si ripete che solo un pazzo si può imbarcare in una cosa del genere.
Allora ci si convince che di sicuro ne varrà la pena, perché è l’unico modo per non fermarsi.
E si guarda dritto davanti, ma poco intorno.
Ci si lasciano alle spalle i diversi piani, si incontrano persone che intrecciano le offerte da lasciare sugli altari, si attraversano cancelli e porte con cardini che scricchiolano da secoli per poi ritrovarsi alle prese con se stessi in un cortile vuoto, praticamente uguale a quello che c’era centinaia di scalini sotto.
Bella fregatura.
Ma è proprio a questo punto che si capisce che in realtà chi se ne frega di quello che c’è alla fine, tanto in basso era lo stesso; quello che conta sta nel mezzo, ed è il modo.
E qui un po’ ti ruga perché ti rendi conto che di quella salita ti sei perso qualche cosa.
Al modo non ci si arriva, nel modo ci si vive, è che in genere non ci si fa troppo caso.
Il bello di questo posto è che non ci si può andare in macchina e neanche in moto, c’è solo una via: farcela da soli, ed è significativo che questa via sia lastricata di gradini sconnessi.
Bene.
Chi ha visto il mio tatuaggio sa che sotto la porta c’è anche una scritta in indonesiano (col balinese veniva troppo complicato: la questione della lingua fa concorrenza a quella del calendario in fatto di casino, quindi conviene arrendersi, io lo dico, poi vedete voi): “nikmati waktu”.
E’ una delle due cose serie che mi sono rimaste appiccicate in più di un mese di ashram e con la cornice sul vuoto ci stava proprio bene, anzi, direi che è la morte sua.
Nikmati waktu vuol dire all’incirca “prenditi il tuo tempo e goditelo, c’è un tempo per ogni cosa”.
Non serve avere fretta di correre avanti, la vita è quella che ti passa adesso sotto il naso (o sotto le infradito, dipende).
Va bene fare piani, darsi una direzione, ma quello da vivere è il presente, altrimenti il rischio è di passare un’esistenza in attesa di qualcosa che per definizione non può arrivare: il futuro.
Il futuro sta davanti ed è giusto proiettarcisi, ma quello che conta davvero sta qui ed ora, vediamo di starci anche noi.
Com’è che diceva quello là?
“Vivi un giorno per volta, ma con un’intera vita in mente.”
Nikmati waktu, appunto, con o senza la cornice.
Per quel poco che l’ho vissuta ho amato Bali e la rivivo nei tuoi racconti. Bellissimo!
Posso chiederti del tatuaggio? La scritta nikmati waktu è in caratteri latini? Purtroppo non ho visitato quel tempio e mi chiedevo se la scritta fosse in caratteri latini o balinesi
Racconti meravigliosi…grazie per la condivisione
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Ti ringrazio molto 🙂
Sì, la scritta è in caratteri latini perché sono anche quelli dell’indonesiano, che non utilizza caratteri diversi 🙂
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Mi perdo nella lettura del tuo blog.. Nel tuo modo preciso,ironico e di cuore con cui racconti i tuoi viaggi, i tuoi pensieri. Davvero adoro leggere ciò che scrivi! !!!
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E io che rispondo a un commento del genere senza diventare banale?
Grazie mille! Di cuore, davvero ❤
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Grazie per aver condiviso a voce questo racconto e d’averlo poi condiviso anche con il post! Grazie… Spero che troverai tanti luoghi magici come questo… ma attenta a non farne di ognuno un tatuaggio!
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Grazie a te per l’orecchio che sa ascoltare e per l’augurio di luoghi magici! Anche se non mi sento di far promesse in merito, lo sai che coi tatuaggi ho un rapporto di amore vero!! 😉
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Io dico sempre che il viaggio più bello è dentro di noi, basta chiudere gli occhi. Subito dopo viene questo post(o).
r.
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Non potrei essere più d’accordo 🙂
Se non si apprezza il paesaggio interiore, quello che c’è fuori non serve a nulla.
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La bellezza di un racconto di viaggio non sta nella descrizione della meta, ma nel racconto di un paesaggio interiore.
Ora ho capito perché una volta mi hai scritto che siamo un po’ simili 🙂
Grazie per le emozioni regalate!
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Quella del paesaggio interiore è una bellissima immagine e non posso che concordare con quello che dici!
Leggendo il tuo blog mi sono ritrovata in parecchie cose e te lo riconfermo ora!
Grazie a te 🙂
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Dopo la meravigliosa scarpinata fatta insieme a te, sodisfatti si arriva alla fine, e la frase con cui quasi chiudi questa meraviglia di viaggio è un ‘insegnamento di vita e mi strapiace.“prenditi il tuo tempo e goditelo, c’è un tempo per ogni cosa”.
Complimenti
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Ti ringrazio! La meraviglia è riuscire a vedere il viaggio nel viaggio. Complimenti a te!
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Davvero un bellissimo post, mi fai pensare che troppo spesso guardo al futuro e dimentico un po’ di vivermi il presente… Devo lavorarci su!
E comunque io il tatuaggio non l’ho visto, ed ora sono molto curiosa!
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Ti ringrazio Vale!
Sto facendo il tuo stesso lavoro, che anche io ho la tendenza ad andare troppo avanti, ma credo che sia una di quelle cose che non si imparano mai al 100%, e forse la fortuna è proprio questa!!!
Quanto al tatuaggio bisogna rimediare il prima possibile!
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Che post! Raramente trovo in un articolo un insegnamento di vita!
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Addirittura insegnamento di vita, mi monto la testa!!
Scherzo, ho solo cercato di condividere un’esperienza, e sono felicissima che sia arrivata, perchè alla fine viaggio per questo!
Ti ringrazio 🙂
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with that kind of gate, everyone can easily notice that it’s bali..
thank you cabiria for writing great work for our country..
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Bali’s always in my heart 🙂
It’s your country which did a lot for me.
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you are the best 😀
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ur always kind!
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Gran bel post, gran bel posto.
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Ti ringrazio! E il posto è uno di quelli da vedere 🙂
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