E quando ci domanderanno che cosa stiamo facendo, tu potrai rispondere loro: NOI RICORDIAMO.
Ecco dove alla lunga avremo vinto noi. E verrà il giorno in cui saremo in grado di ricordare una tal quantità di cose che potremo costruire la più grande scavatrice meccanica della storia e scavare, in tal modo, la più grande fossa di tutti i tempi, nella quale sotterrare la guerra.
[Ray Bradbury]
Niente succede per caso.
Ammetto che questo, quando a fine Luglio ho cancellato per sbaglio la mia prenotazione per Hiroshima, non è stato proprio il mio primo pensiero, ma il secondo sì.
Dopo un attimo di panico, ovviamente.
Vi risparmio il delirio che ha segnato i giorni che hanno preceduto la mia partenza per il Giappone, fatto sta che poco prima di salire sull’aereo per Tokyo stavo ancora cercando un posto dove dormire a Hiroshima (la mia seconda tappa giapponese) senza farmi spennare, perchè il problema vero era quello. Poi ho trovato il World Friendship Center.

Dicono che le impressioni e i ricordi legati a un luogo siano influenzati più dal contorno che dal luogo stesso; episodi e persone possono fare una differenza importante: ricordo Hiroshima come una città bellissima, e credo che il merito non stia solo nelle sue piazze e nelle sue vie.
Il World Friendship Center è un’organizzazione nata per creare consapevolezza attorno alle conseguenze dello scoppio della bomba atomica a Hiroshima, e attorno alle conseguenze dell’utilizzo delle armi nucleari in genere. La sede non è altro che una casetta su due piani con una manciata di stanze (quattro mi sembra, la nostra si chiamava Sakura) dove si può pernottare, ma soprattutto dove si può entrare in contatto con chi ha vissuto in prima persona la terribile giornata del 6 Agosto del 1945: tra le tante attività promosse dal centro ci sono infatti gli incontri con gli hibakusha (i sopravvissuti alla bomba atomica), oltre che i tour guidati del Parco della Pace.
Parlare con un hibakusha è un’esperienza che consiglio a tutti perchè fa sentire molto piccoli e aiuta a ricalibrare i pensieri.
Per renderci davvero conto della gravità di certe storie abbiamo purtroppo bisogno di dar loro il volto di qualcuno: se sono storie di persone si fissano in noi per sempre, indelebili nella memoria, se invece sono solo storie se ne vanno via veloci, spazzate dall’overdose di informazioni di cui tutti siamo vittime.
Per me adesso la storia della bomba atomica ha il volto di Komeyoshi Kiyoko, che non è ustionato solo perchè in quel momento dava le spalle all’ipocentro.

Siamo arrivati a Hiroshima da Kyoto all’ora di pranzo, e dalla stazione abbiamo raggiunto il WFC con il tram e poi a piedi (tram 2, fermata M14): Maggie, che gestisce il centro insieme al marito Berndt (l’incarico dura due anni), ci ha prima fornito informazioni dettagliatissime e poi ci ha aspettati sulla soglia, proprio come si fa con qualcuno che sta tornando a casa.

Dopo una chiacchierata con lei siamo saliti in camera dove abbiamo trovato ad attenderci sui cuscini due origami, due gru di carta, che se vogliamo sono un po’ il simbolo del dolore che ha patito questa città: la storia di Sadako Sasaki, la ragazzina che si ammalò di leucemia per effetto della bomba atomica, è infatti tristemente nota ai più.
Narra la leggenda che chiunque riesca nell’impresa di creare con gli origami mille gru di carta possa esprimere un desiderio: Sadako si mise all’opera perchè aveva un grande desiderio da esprimere, ma purtroppo non ebbe il tempo di finire le gru.
I suoi amici lo fecero per lei, e la seppellirono insieme a loro.
Alcune delle gru di Sadako sono ancora oggi al Museo che si trova nel Parco della Pace e vederle lì, così piccole e in penombra, indifese ma nello stesso tempo tenaci, mette i brividi.

Il museo è stata la nostra prima tappa in città quel pomeriggio: non so se è perchè le celebrazioni dell’anniversario si erano concluse da pochi giorni (noi siamo arrivati il 12/08), ma l’abbiamo trovato molto congestionato e poco fruibile, basti pensare che per entrare abbiamo fatto una coda di circa un’ora (niente panico: di tutte le persone che conosco e che ci sono state, noi siamo gli unici ad aver avuto questa fortuna, probabile quindi che a voi andrà meglio).
Coda a parte, il museo non mi ha particolarmente entusiasmata perchè a tratti l’ho trovato esagerato, un po’ sguaiato: l’esempio che faccio in genere per rendere l’idea è quello dei manichini che rappresentano le persone in fuga, con la carne a brandelli e i vestiti bruciati, a penzoloni, che mi sono sembrati di cattivo gusto, alla stregua dei fantocci di un parco divertimenti. Ma questa, ripeto, è solo la mia impressione e non vuole essere un giudizio.

Diverso il discorso per l’Hiroshima National Peace Memorial Hall for the Atomic Bomb Victims, un suggerimento di Maggie, che ci ha raccomandato di non perderlo nonostante la sua posizione un po’ defilata. Rinnovo l’invito a voi perchè merita davvero.
Siamo sempre nel Parco della Pace (10/15 min a piedi dal WFC), ma, a differenza del museo, il Memorial Hall non attira molto l’attenzione perchè si sviluppa sottoterra; l’atmosfera è molto suggestiva fin dall’ingresso, dove si trova una scultura che rappresenta un orologio che indica le 8.15, l’ora in cui scoppiò la bomba.
Il prosieguo è un susseguirsi di simbologia e silenzio: al suo interno, la Hall of Remembrance permette di vedere a tutto tondo la città da quella che fu la posizione dell’ipocentro; la parete che l’avvolge è rivestita da 140.000 piastrelle, come il numero delle vittime della bomba al Dicembre del 1945 (successivamente se ne aggiunsero purtroppo molte altre).
E’ un luogo molto poco frequentato, saremo stati meno di dieci là sotto, che rispetto alle centinaia di persone che abbiamo trovato nel museo è davvero niente.
Un luogo silenzioso, dal grandissimo potere evocativo.

Nel parco ci sono poi altri monumenti e installazioni, tra cui il cenotafio del memoriale per le vittime della bomba progettato dall’architetto Kenzo Tange, il memoriale dedicato a Sadako, la Campana della Pace: prendetevi almeno mezza giornata per vedere tutto.
E infine, lì accanto, la cupola della bomba atomica (原爆ドーム Genbaku Dome), l’unico edificio nel raggio di poche centinaia di metri dall’esplosione a non essere volato via: è stato lasciato così, nelle condizioni in cui fu ridotto quel giorno, come monito per il futuro.


Hiroshima la ricordo per le parole fiere di Komeyoshi, per un posto che mi ha fatto sentire a casa anche in un paese straniero, per il silenzio che c’era al Parco della Pace, nonostante la folla.
Per il cielo blu e limpido che al calar della sera si è trasformato in una luce dorata che ha invaso le vie della città vecchia, colorandone tutti gli edifici e regalando loro un’atmosfera un po’ fiabesca, che strideva con gli orrori di quel che è stato.
Per il primo okonomiyaki al bancone, con una cuoca che all’inizio sembrava un po’ burbera e poi invece si è preoccupata di porzionarmelo con la paletta, proprio come fanno le nonne coi nipotini.
Per quella gru di carta che ancora oggi porto sempre nel portafoglio.

Bellissimo articolo, interessante ed emozionante. Non sapevo quasi nulla e leggerti é stato un bel modo di capire qualcosa in più e di ricordare. Grazie mille
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Grazie mille a te per esserti fermata a leggere 🙂
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Ho aspettato questo post e non mi hai delusa. Mi è piaciuto l’attenzione con cui hai descritto l’umanità e la saggezza del sopravvissuto. Personalmente non ho trovato esagerato utilizzare le statue di plastica, sarà che forse le foto non mi bastano per immaginare. In ogni caso grazie per avermi fatto tornare in mente Hiroshima 🙂
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Grazie a te Michele 🙂
Ho sempre un po’ di timore ad accostarmi a certi temi, le conferme come la tua sono importantissime!
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Bellissimo! Ho ancora i brividi sulla pelle per alcune frasi.
Non sono riuscita ad includere questa tappa nel mio viaggio in Giappone…una ulteriore scusa in più per tornare!!!!;)
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Assolutamente, ci devi andare, è una città da non perdere, per tante ragioni 🙂
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Bello questo post, veramente rievocativo, non sapevo tutte queste cose e anche stavolta ho imparato qualcosa di nuovo.
Grazie
.max
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Grazie a te Max 🙂
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Troppo bello! Se ci sarà una prossima volta a Hiroshima, dovrò assolutamente vedere anche io il World Friendship Center. Per il resto…il tuo racconto mi ha emozionato e ha rievocato le mie sensazioni provate lì!
Saluti,
Erica
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Ciao Erica, è troppo bello sì! Sto consigliando il WFC a chiunque, un’esperienza forte, e molto utile 🙂
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